sexta-feira, 25 de julho de 2008

Le pizze italians





Il tempo dei figli che comandano sui genitori

Il tempo dei figli che comandano sui genitori
Un giorno di trent'anni fa (avevo 14 anni), tornai da scuola e mio padre mi disse che nel pomeriggio avrei dovuto aiutarlo in un urgente lavoro di ristrutturazione della nostra casa. Quel pomeriggio avevo un'importante partita di calcio, sicchè pranzai velocemente e sparii per andare a giocare. Tornai all'ora di cena e mi misi a tavola. Mia madre aveva preparato polenta e coniglio. Mio padre entrò in casa tranquillo come se niente fosse, aveva ancora le mani sporche di cemento. Quando fu dietro di me, mi assesto una sberla che il mio naso arrivò a sfiorare la polenta. Alcune briciole di cemento caddero dalla sua mano nel piatto, ciò nonostante, presi la forchetta e iniziai a mangiare coniglio polenta e quelle macchioline grigie di cemento che galleggiavano nel burro sciolto. Ieri ho dato una sculacciata a mio figlio di 10 anni. Si è girato puntandomi l'indice accusatorio, gli occhi lucidi, lo sguardo torvo e mi ha ammonito: "non si picchiano i bambini! Lo dicono anche Marta e Lucia (le sue due catechiste) quando danno le candele del Telefono Azzurro fuori da Messa!". Gioco, partita, incontro. Concludo tornando ai tempi delle superiori, ad una brillante e simpatica professoressa di diritto. Un giorno discutemmo del rapporto genitori/figli, ovviamente noi studenti dalla parte dei figli e lei dalla parte del genitore. Dopo esserci scambiati i rispettivi punti di vista, la prof concluse: "Quando ero figlia comandavano i genitori, ora che sono genitore comandano i figli. Sono nata nell'epoca sbagliata". Non so dire se Benjamin Spock avesse ragione ad affermare che "Le sculacciate insegnano ai figli che il più forte ha la meglio, che abbia torto o ragione". La cosa certa è che il ceffone al cemento di mio padre, mi ha insegnato 2 cose. La prima è che per avere dei diritti bisogna prima aver
assolto i propri doveri. La seconda è che polenta e cemento fa veramente schifo, ma talvolta è meglio mangiarla e far finta di niente.

Sogno di una domenica mattina

Cari Italians, passeggio per la mia città, e' domenica mattina, il sole e' gia' alto nel cielo. Mi imbatto in una piccola e variopinta folla da cui si levano urla di giubilo: e' un matrimonio, ogni domenica se ne celebra uno nella piazza del Comune, oggi tocca ad Anna e Lucia suggellare il loro amore. Una locandina distoglie la mia attenzione: il capo del governo chiede con forza misure contro le morti sul lavoro, venti morti bianche all'anno sono ancora troppe. Bambini spensierati giocano in un giardinetto li' accanto, cosi' pulito e curato da brillare in lontananza: un genitore, da lontano, li sorveglia distrattamente, mentre cerca di rilassarsi un poco al sole di primavera. Un vigile segnala a un'automobilista che li' non si puo' parcheggiare, e questi ringrazia. Quattro ragazzotti coi jeans stracciati si inseguono e scherzano fra loro; uno di questi spacchetta una rivista e butta il nylon nel cestino. Le biblioteche sono aperte, e cosi' gli uffici comunali e i negozi. Le facce sorridenti, gli animi distesi: e' domenica. Autobus elettrici sibilano assieme alle poche auto. Poi mi sveglio...non e' un matrimonio, e' l'unione simbolica e non riconosciuta celebrata durante un gay pride, il premier vuole bandire le intercettazioni e mettere la mordacchia ai magistrati, genitori preoccupati sorvegliano i propri figli costretti a giocare in giardinetti sporchi e terra di conquista per spacciatori e bulletti, SUV in doppia fila ostacolano il passaggio dell'unico autobus che la domenica passa nel giro di un'ora, fra carte ed escrementi il marciapiede quasi non si vede piu', i negozi sono sprangati, i ragazzotti maleducati, le facce delle persone corrucciate e sospettose, la mano stretta sulla borsetta, il rumore assordante e i polmoni di chi passeggia in difficolta'. Il cielo e' grigio, ma dietro allo smog c'e' ancora il sole... chissa', forse per questo paese, per questo mondo c'e' ancora una speranza, forse no.